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Il caffè fa bene o fa male? Le dosi e gli orari giusti per gustarsi la tazzina

Contiene sostanze antinfiammatorie e antiossidanti, come i polifenoli, e altre non altrettanto benefiche. Le regole per berlo nel modo migliore possibile

Gli studi

In estate magari si preferisce freddo con l’aggiunta di un bel po’ di ghiaccio, ma al caffè è difficile rinunciare, perfino quando fa caldo. La buona notizia è che non si tratta di una brutta abitudine da combattere a ogni costo, anzi: una recente ricerca della Queen Mary University di Londra su oltre 8 mila persone per esempio ha dimostrato che il caffè non fa male alle arterie come molti temono, perché non comporta il temuto irrigidimento dei vasi che potrebbe costituire un pericolo per la circolazione del sangue. Dati confermati da un rapporto dell’Institute for Scientific Information on Coffee, secondo cui grazie al contenuto di polifenoli antiossidanti l’espresso potrebbe diminuire il rischio cardiovascolare complessivo: bere da tre a cinque tazzine al giorno ridurrebbe fino al 15 per cento la probabilità di eventi come infarti e ictus, inoltre pure in chi già ha avuto qualche problema a cuore e vasi il consumo di caffè sembra abbassare la mortalità. Tutto si gioca sulla quantità però, come segnala Elina Hyppönen dell’Australian Centre for Precision Health: analizzando i dati di quasi 350mila adulti la ricercatrice ha osservato che superare le sei tazzine al giorno può rivelarsi dannoso, perché a quel punto l’effetto antinfiammatorio e antiossidante dei polifenoli viene superato dall’azione della caffeina, il principale componente di espresso e simili, che in gran quantità può aumentare la pressione arteriosa.

Sensibilità individuale

«L’European Food Safety Authority ha sottolineato che consumare in una sola volta fino a 200 milligrammi di caffeina o introdurne fino a 400 milligrammi nell’arco di una giornata (limite che scende a 200 nelle donne in gravidanza, ndr) non provoca una tossicità apprezzabile. Detto questo, la sensibilità individuale alla caffeina è molto variabile ed è importante che ciascuno impari a capire la propria reazione al caffè. Che, non va dimenticato, contiene tante sostanze diverse: alcune benefiche, come i polifenoli, altre come l’acrilammide con possibili conseguenze negative, altre ancora come la caffeina, l’ingrediente responsabile di gran parte degli effetti dell’espresso, con ripercussioni differenti a seconda dei dosaggi», interviene Andrea Ghiselli, ricercatore del Centro di Ricerca CREA – Alimenti e Nutrizione e presidente della Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione. Serve moderazione, quindi, ma pare sempre più evidente che restando nella media di tre-cinque tazzine al giorno non si corrano pericoli e anzi, se ne traggano soprattutto vantaggi: la più recente e ampia revisione degli studi su caffè e salute, pubblicata sul British Medical Journal da ricercatori dell’università di Southampton in Inghilterra, ha sottolineato che con queste dosi si riduce del 17 per cento la mortalità generale, del 19 per cento quella per cause cardiovascolari, pure del 18 per cento l’incidenza di tumori, per esempio il cancro al fegato o la leucemia. «Sembra invece esistere una debole associazione negativa con il tumore al polmone, che sarebbe favorito dal caffè per motivi tutti da chiarire: la correlazione resta infatti anche tenendo conto dell’abitudine al fumo e quindi eliminando i possibili effetti della classica abbinata sigaretta-tazzina di caffè», puntualizza Ghiselli. Un consumo moderato di caffè, inoltre, riduce la probabilità di molte malattie epatiche croniche, dal fegato grasso alla cirrosi; sembra poi avere effetti protettivi nei confronti di malattie neurologiche come il Parkinson o l’Alzheimer e diminuire la probabilità di patologie metaboliche come il diabete di tipo 2.

Concentrazione

Di sicuro un buon caffè aiuta a restare svegli: anche l’Efsa ha sottolineato che 75 milligrammi di caffeina, cioè quanta se ne può trovare in un espresso o in mezza tazza di un «americano» lungo, inducono uno stato di maggior allerta e concentrazione che può rivelarsi utile in diverse situazioni, dai viaggi lunghi in auto alla gestione della stanchezza da jet lag, fino al lavoro notturno (una ricerca pubblicata su Human Psychopharmacology, per esempio, ha verificato che con tre tazzine diminuisce il rischio di incidenti durante i turni di notte). C’è però anche chi deve ridurre il consumo: in gravidanza troppa caffeina aumenta la probabilità di un basso peso del bimbo alla nascita, parto pretermine e aborto spontaneo, mentre nelle donne ad alto rischio di fratture (ma non negli uomini) ne accresce ulteriormente il pericolo.

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Decaffeinato

Anche il caffè senza caffeina, che in media ne contiene appena 3 milligrammi, può dare fastidio: come spiega Andrea Ghiselli, «Succede a chi soffre di reflusso gastroesofageo, gastriti o difficoltà digestive, perché i composti aromatici del caffè che restano anche nel decaffeinato interferiscono con l’acidità gastrica e possono peggiorare i sintomi».

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